Un presunto miracolo accaduto a Taranto

Il processo si concluderà alla presenza dell’arcivescovo l’ 11 luglio p.v. e gli atti saranno sigillati solennemente e inviati alla congregazione dei santi per la validità e per essere studiati da due periti medici indicati dal dicastero e successivamente dalle consulte mediche, teologiche e dei cardinali.
Il 19 giugno 2015 è stato istruito in diocesi un processo canonico sul supposto fatto miracoloso attribuito al Beato Nunzio, la cui canonizzazione è attesa da migliaia di devoti sparsi in Italia e nel mondo, come risulta dalle tante richieste di preghiere e di reliquie. Il caso è all’esame del tribunale diocesano costituito dall’arcivescovo in cui giudice delegato è don Filippo Urso (che dal 2013 si è interessato al caso grazie alla sua esperienza di consultore pontificio alla Congregazione dei santi) e così composto: promotore di giustizia monsignor Giuseppe Ancora, notaio dott.ssa Rosanna Maggio, peritomedico dott. Marcello Sciaraffia. Il processo si concluderà l¿11 luglio e gli atti saranno sigillati solennemente e inviati alla Congregazione dei santi per essere studiati da due periti medici indicati dal dicastero.
Ecco i fatti in questione. Il giovane P. B. di Taranto mentre guidava la sua moto a velocità non moderata ebbe un incidente gravissimo, riportando un grave trauma cranico e stato di coma, secondo la diagnosi dei sanitari del ‘SS.Annunziata’. In breve il quadro neurologico registrò il passaggio da uno stato di corna profondo ad uno vegetativo post-traumatico. Informati dell’accaduto, i familiari disperati accorsero in ospedale con la consapevolezza della gravità della situazione e invocarono l’intercessione del Beato Nunzio Sulprizio, la cui immagine era nel portafoglio del giovane.
La mamma allora contattò la parrocchia di San Domenico Soriano a Napoli, dove sono custoditi i resti mortali del Beato ed il parroco monsignor Luigi De Malo (poi deceduto) assicurò che la comunità ne avrebbe chiesto l’intercessione, essendo quel giorno dedicato proprio al Nunzio Sulprizio, e avrebbe inviato una reliquia. Quest’ultima fu poi posta dalla madre in sala di rianimazione per chiedere la grazia della guarigione. Il papà bagnò poi la fronte del ragazzo con l’acqua del Beato. Nei giorni successivi i genitori furono chiamati d’urgenza dai sanitari ed avvertiti che il figlio non aveva più bisogno della rianimazione e che bisognava firmare i moduli per liberarlo da tutte le apparecchiature che fino ad allora lo avevano tenuto in vita.
All’atto delle dimissioni dalla struttura ospedaliera il giovane presentava un generale e significativo miglioramento degli ambiti interessati ed una buona acquisizione del proprio status. Inviato per le successive cure al Centro Risveglio ‘S. Anna’ di Crotone, nel giro di 4 mesi egli uscì dallo stato vegetativo con un recupero rapido e stabile nel tempo, delle funzioni neurologiche e mentali senza riportare esiti invalidanti, come anche risulta dalla documentazione clinica.